Paolo Bernascone nasce il 17 novembre 1963 a Vigliano Biellese, da papà Luciano e mamma Ernestina.
Berna, così lo chiameranno gli amici, dopo aver conseguito la licenza media, si iscrive alle scuole superiori, ma avverte subito il richiamo dell’avventura; decide, infatti, di abbandonare gli studi dopo circa due anni e nel 1980 si iscrive al Corso di Alpinismo “Carlo Pivano” organizzato della Società Pietro Micca di Biella. Si diploma insieme ad altri nomi importanti della montagna biellese: Michele Fardo, Gigi Airone, Alessandro Zoia, Paolo Cavagnetto ed Enrico Rosso. Questa tappa è l’inizio della sua carriera alpinistica, prima sulle montagne biellesi, poi sulle maggiori vie classiche delle alpi occidentali.
Nel 1985 partecipa alla sua prima spedizione alpinistica extraeuropea (CAI Sez. di Biella) con il tentativo al Kedarnath Peak 6981 Mt, nell’Himalaya del Garwhal (India); nell’autunno di quello stesso anno Paolo frequenta un corso di parapendio in Francia tenuto da Pierre Gévaux, pioniere di tale disciplina e primo uomo a lanciarsi dalla vetta di un 8000, il Gasherbrum II. Per Berna la scoperta di questa disciplina è un vero e proprio colpo di fulmine, tanto da spingerlo a fondare una scuola di parapendio a Biella, associata a quella francese di Gévaux.
Nel 1986, anno in cui è già Aspirante Guida Alpina, con gli amici Enrico Rosso e Fabrizio Manoni torna nel Garwhal e insieme aprono una nuova via sulla parete Nord-Est dello Shivling 6543 Mt; stile alpino e otto giorni di dura scalata, con difficoltà fino al 7° grado, caratterizzano questo grande exploit.
Nel 1987 intraprende, in compagnia di Paolo Cavagnetto, Alessandro Zoia e Fabrizio Lava, un viaggio d’avventura in Africa Occidentale percorrendo circa 8000 chilometri dalla Tunisia a Bamako, capitale del Mali. Durante la spedizione, tra scalate sul Kaga Tondo (o Mani di Fatima) e voli in parapendio sulle dune, diviene il primo paralpinista a lanciarsi dalla cima dell’Iharem, nell’Hoggar Algerino (esperienza già vissuta sul Mont Blanc du Tacul, sull’Aguille du Midi e sul Monte Bianco); da questo viaggio viene tratto il libro “Africa verticale 87” (Cavagnetto, Lava, Bernascone, Pelliccia).
Nel 1988 Berna consegue il brevetto di Guida Alpina, mentre l’anno successivo, nella primavera del 1989, tenta la salita del Thalay Sagar 6904 Mt, meta della spedizione effettuata con gli amici Fabrizio Manoni e Placido Castaldi.
Il Fitz Roy, elegante cima di 3405 Mt delle Ande Patagoniche (Argentina), è l’obbiettivo che centra nel 1990 con Enrico Rosso, salendo in continuità da El Chalten, lungo la via Franco-Argentina.
Nel frattempo, dal matrimonio di Paolo e Anna Maggia, nasce Edoardo, il quale avvertirà negli anni lo stesso richiamo del padre per l’avventura: nel suo caso saranno i grandi viaggi internazionali in sella ad una bicicletta.
Nel 1990 l’amico Enrico Rosso lo coinvolge, con gli amici Pier Mario Miglietti, Remo Bertolone, Moreno Rossetto e Roberto Rosso, nell’ideazione di un corso pensato per avvicinare alla montagna i ragazzi usciti da esperienze di vita particolarmente difficili; sono i primi battiti d’ali di un progetto denominato Montagna Amica. Tutti partecipano con entusiasmo e toccano con mano i primi risultati, portando a termine alcune salite alpinistiche con alcuni ragazzi della comunità Madonna dei Giovani di Chiavazza. Nello stesso anno Paolo recita come controfigura nel film “Se non avessi l’amore” di Leandro Castellani, che narra l’ultimo anno di vita del Beato Piergiorgio Frassati, erede della ricca famiglia proprietaria del giornale “La Stampa” di Torino.
Nella primavera del 1992 Berna partecipa ad una spedizione internazionale al Gasherbrum I 8080Mt (detto anche Hidden Peak) nel Karakorum Pakistano; al comando del team il celebre alpinista polacco Krzytof Wielecki. La pattuglia italiana, oltre a Paolo , è composta dagli alpinisti Marco Bianchi, Kurt Walde e Giorgio Passino; il 30 Maggio, purtroppo, una triste notizia echeggia sino in terra biellese; una valanga travolge Berna e Kurt sotto al Campo I, in fase di discesa. Kurt riesce miracolosamente a salvarsi, mentre Paolo perde la vita; la salma non fa rientro in Italia.
Anna Maggia ricorda il marito con queste parole: “Paolo era una persona entusiasta della vita, dotata di grande carisma; considerava la montagna una parte indispensabile della sua esistenza, un elemento al quale non avrebbe mai potuto rinunciare. Il suo amore per l’alpinismo era così forte che un giorno mi disse che l’andare in montagna per lui era un momento di intimità assoluta, al punto che un eventuale incidente mortale durante un’ascensione sarebbe stato il suo migliore destino, proprio perché occorso facendo ciò che più amava.
Aveva una fiducia totale in me ed apprezzava il mio ruolo di mamma responsabile e presente; l’attività alpinistica lo impegnava lontano da casa per lunghi periodi, ma Paolo sapeva che Edoardo era accudito nei migliore dei modi.
Dopo le ascensioni o al rientro dalle spedizioni, che era solito preparare con grande meticolosità, amava raccontare le proprie esperienze alla famiglia e agli amici con grande trasporto e sincera intimità; questo suo desiderio di condividere le proprie passioni era davvero molto forte, infatti iniziò a collaborare con alcune riviste sportive e a gettare le basi per la creazione di una scuola di outdoor in Valle Elvo che, causa il destino, non vide mai il taglio del nastro”.
Nel settembre 1992, su iniziativa della moglie Anna e dell’amico Massimo Prandi, suo compagno di volo, la scuola di parapendio fondata pochi anni prima prende il nome di “Paraberna”.
Nel novembre dello stesso anno, con una conferenza stampa a Palazzo Ferrero seguita da una serata al Teatro Sociale, viene presentata ufficialmente l’Associazione Montagna Amica; all’evento partecipano l’alpinista Krzytof Wielecki e lo scrittore Enrico Camanni, direttore della rivista “Alp”. Si annunciano l’intitolazione del corso di alpinismo a Paolo Bernascone a partire dall’edizione del 1993 e la posa di una targa in suo ricordo al Pian Colombaro, sulla Muanda, che avverrà a tutti gli effetti ad ottobre 1994.